Lo champagne delle acque minerali, con l’inimitabile vivacità delle sue bollicine, è protagonista di spettacolari creazioni, composizioni originali e suggestive destinate a diventare la nuova frontiera dei drink notturni

Nel mondo del bere miscelato esistono delle creazioni capaci di stupire non solo per il sapore ma soprattutto per il grande spettacolo che sono in grado di dare. Godere di quel magico momento che è il rito del cocktail, vissuto tra la morbidezza dei ritmi della musica lounge e l’atmosfera seducente dei locali più “in”, non significa semplicemente avere un bicchiere in mano e sorseggiare un drink, ma ormai rappresenta un vero e proprio spettacolo a cui assistere e che coinvolge tutti i sensi. Sentire al tatto la freschezza del bicchiere ed essere stuzzicati dal tintinnio del ghiaccio al suo interno, assaporare il gusto della miscela, inebriarsi del profumo degli ingredienti più ricercati: questo è il percorso sensoriale di un cocktail tradizionale. Ma quando entra in gioco anche l’energia evocativa di un’immagine che alla vista lascia senza parole, è proprio in quel momento che un cocktail diventa qualcosa di più. Il cocktail molecolare, per la sua particolare realizzazione al bancone, è proprio questo: non solo un piacere da bere ma soprattutto uno spettacolo da ammirare. E Perrier, la più celebre fra le acque minerali internazionali, espressione di un mondo glamour e di una nightlife esclusiva e accattivante, diviene l’ingrediente perfetto per una miscelazione fuori dai consueti schemi con cocktail molecolari inediti e spettacolari, firmati Mixology by Perrier e realizzati dal guru della mixologia d’avanguardia Laurent Greco, patron della Liquid Chef di Parigi, conosciuto in tutto il mondo per ingegno e professionalità e che ha messo la sua arte a servizio di Perrier.

Chic e stravaganti, analcolici o leggermente alcolici, a base di frutta oppure abbinati a ingredienti ricercati, i cocktail molecolari con Perrier sono unici e straordinari tanto da regalare un’emozione irripetibile mentre si assiste alla loro realizzazione, che incanta e stupisce, per poi sedurre a ogni sorso. La particolarità dei cocktail molecolari è che vengono preparati giocando con la chimica: la struttura degli ingredienti viene modificata con l’aiuto di reazioni molecolari e gelificazioni provocate da fibre vegetali, alghe marine o sostanze come il bicarbonato di sodio, l’azoto liquido o il ghiaccio secco, ottenendo così cocktail dal gusto sorprendente e dall’aspetto magico. Si lavora come in un laboratorio, al bancone o direttamente al tavolo del cliente.

Ed è dalla genialità del maestro francese che nascono cocktail mozzafiato come il Perrier Moijto Cube, un grande e intramontabile classico realizzato in chiave moderna e chic dove, grazie all’alternarsi di solido/liquido, si aggiungono nuove sensazioni di sapore; il Perrier Black Currant Sushi, un “tocco” di fascino d’Oriente che appaga il palato e sorprende la vista, che la donna potrà offrire al proprio uomo diventando la sua “geisha per una sera”; il Magic Perrier, drink insolito e particolare, una vera e propria magia che si svela a poco a poco sul bancone. Questi sono solo alcuni tra i numerosi cocktail molecolari creati grazie alla preziosa aggiunta di Perrier, che hanno sedotto e conquistato i locali più cool ed esclusivi del mondo, stuzzicando i palati da Londra a San Paolo, passando per i lounge bar di Parigi, New York e Seul.

È la cosidetta “cucina d’avanguardia” che ha ispirato i bartender. I cocktail molecolari si ispirano alla celebre pratica della gastronomia molecolare, ovvero l’applicazione alla cucina tradizionale di conoscenze scientifiche anche estranee al mondo del cibo. E’ una disciplina che si è sviluppata alla fine degli anni ottanta presso l’INRA (Institut National de la Recherche Agronomique) al Collège de France di Parigi ad opera di Hervè This, fisico e gastronomo e di Pierre Gilles de Gennes, Premio Nobel per la Fisica nel 1991. Studi simili sono stati poi intrapresi anche da Nicholas Kurti, ricercatore di fisica ad Oxford in Inghilterra, e da Harold McGee, chimico alimentare negli USA. In Italia lo studioso di maggior spicco è Davide Cassi, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Parma che nel 2003 insieme ad Ettore Bocchia, ha redatto il Manifesto della Cucina Molecolare Italiana.
Definito “profeta della cucina molecolare” è lo chef spagnolo Ferran Adrià, le cui tecniche innovative sono state fondamentali per la nascita della “mulecolar mixology”: infatti Adrià è l’inventore della tecnica detta “sferificazione”. Essa si basa e sfrutta la reazione dei liquidi miscelati ad alginati bagnati in soluzioni di calcio che, a contatto con la materia prima, creano degli agglomerati di palline rigide all’esterno e liquide all’interno. Ed è proprio questa la tecnica principale messa in atto dai bartender per “appagare il palato e stupire”.

Proprio come i cuochi, i bartender curano la qualità dei prodotti utilizzati nelle loro composizioni, poiché “un buon cocktail significa un buon barman e buoni ingredienti”: Perrier è uno di questi. Regina in materia di “sperimentazione”, abbina “bollicine e molecole” per dei cocktail inimitabili. I drink molecolari “Mixology by Perrier” vengono preparati utilizzando glasse, vaporizzazioni, gelatine e spume; vengono create degli agglomerati solidi al fine di colmarli con mix di altri liquori e addirittura inglobare piccole decorazioni a base di frutta o di spezie, per dare a un cocktail come il Moijto una nuova maniera di essere.
In una recente intervista Laurent Greco, attraverso la spiegazione del legame che esiste tra la cucina molecolare e la “molecular mixology”, svela il valore aggiunto di quest’ultima: “Uno chef può imparare da un bartender a relazionarsi con il cliente in maniera diretta. Gli chef lavorano in cucina, mentre il bartender si trova a un metro di distanza dal suo cliente e realizza sul momento la ricetta sotto i suoi occhi; cosa che consente di cogliere immediatamente la reazione del consumatore. Inoltre accade spesso che anche le creazione di noi barman ispirino gli chef; vedo sempre più spesso mie idee riprese in giornali di cucina qui in Francia. Vorrà almeno dire che sono buone.”