Tutti i giorni Triora fa rivivere il passato nell’arte e nella natura. La graziosa cittadina ospita infatti un interessante museo etnografico e della stregoneria, aperto ogni giorno, compresa la domenica. Il museo non vuole essere soltanto una esposizione di oggetti, ma soprattutto un invito, uno stimolo a visitare l’antico paese, le sue caratteristiche borgate e frazioni, dove ancora si possono trovare in uso attrezzi esposti nel museo stesso. Nel 1558, fu celebrato un processo contro un gruppo di tredici donne, considerate responsabili della carestia che aveva flagellato l’anno precedente la regione. Dopo un processo sommario voluto per iniziativa popolare, le donne, accusate di stregoneria, furono condannate al rogo. Insieme a loro quattro fanciulle e un ragazzo. Le sentenze di morte vennero poi tramutate in pene detentive, da scontarsi nelle carceri genovesi, in attesa dei processi definitivi. Mentre le autorità religiose si palleggiavano per mesi le responsabilità del processo, le streghe si consumavano in carcere e ben cinque di loro morirono. Nulla di certo si sa della sorte delle altre. In quelle carceri è sorto il museo etnografico e della stregoneria. Nei suoi sotterranei non solo sono vive superstizioni e credenze, ma sono presenti riproduzioni di documenti conservati nell’Archivio di Stato di Genova, che narrano fedelmente supplizi tremendi e interrogatori spietati. Ben quattro lugubri sale sono dedicate a questo tragico capitolo di storia locale. In una è stato ricostruito il tradizionale antro della strega, completo di gatto nero impagliato, focolare con pentolone dal contenuto poco invitante, accanto al quale sogghigna sinistramente una strega. Vicino una donna coperta da un camice bianco attende il supplizio sdraiata su un cavalletto. Un’altra sezione del museo, suddivisa in sei sale, è dedicata all’etnografia. Ogni sala rappresenta un ciclo di vita quotidiana. Sono esposti gli attrezzi utilizzati dai contadini, dai mulattieri, dai falegnami, dai panettieri. Una sala è dedicata al ciclo del castagno, per molti anni unica fonte di sostentamento per intere famiglie. In un’altra sala è ricostruita fedelmente una cucina, con il focolare e l’essiccatoio. Un piccolo locale comunicante ricostruisce l’ambiente e il processo di lavorazione del latte e dei prodotti ovini, mentre in cantina botti, tini e fiaschi riportano il visitatore a un’attività, la viticoltura, un tempo tanto praticata.