Codogno (Cudògn in dialetto lodigiano): una città oggi al centro delle cronache ma di cui vogliamo farvi conoscere le cose belle e le cose buone e qualche curiosità.

Partiamo nel nostro viaggio per il paese al centro dell’epidemia del coronavirus con questa Lettera semiseria, di cui l’autrice è anonima:

Caro Coronavirus,
come stai?

Ho sentito che sei arrivato in Italia. Mi congratulo per la tua scelta, è noto in tutto il mondo che ci chiamano il Bel Paese. E come potrebbero fare altrimenti?
Abbiamo montagne, mari, isole, laghi, città d’arte, dell’ottimo cibo e del vino sublime. Ma vorrei soffermarmi sulla tua scelta di arrivare in pianura padana, nella fattispecie a Codogno.
La questione mi tange, sono nata e ho vissuto lì per molti anni, i miei cari ancora abitano lì quindi lasciami il piacere di presentarti Codogno ed i suoi abitanti.
Per prima cosa sappi che tutti, ma proprio tutti, abbiamo una meravigliosa R di cui andiamo molto orgogliosi.

E non credere a chi ti dice che è la R alla francese o la R di Parma. È la R di Codogno e su questo non si discute!
Scommetto che tu, che la R non la sai dire perché sei cinese, farai un po’ ridere chiamandoti  Colonavilus e ti presenterai in maniera pomposa come Covid 19.
Poi vorrei chiederti come mai proprio Codogno?
Tu lo sai che la gente di quei posti è temprata dalla nascita?
Guarda che noi abbiamo la nebbia, il ghiaccio, il Po che fabbrica zanzare, allevamenti a non finire e spesso quello che chiamiamo “profumo di campi” è l’odore del letame usato per concimare! C’è persino una poesia dedicata ai nostri mucchi di letame!

Abbiamo la fiera del bestiame a novembre e la frequentiamo fin dalla prima infanzia.
Andiamo a vedere vacche e suini e ci mangiamo pane e porchetta e il frittellone caldo con un olio talmente esausto che ti lascia odore di fritto fino a Natale! E tutto ciò lo facciamo al freddo!
Nello stesso periodo c’è anche la fiera dei divertimenti ed i bimbi vanno sulle giostre nonostante le temperature invernali. L’abbiamo sempre fatto!
La maggior parte di noi potrebbe raccontarti numerosi sabato sera alle giostre o alle autopiste quando andava di moda la pancia nuda e noi la sfoggiavamo baldanzose senza pigliarci nemmeno un raffreddore.
Molti altri potrebbero raccontarti di serate intere in piedi fuori dal nottetempo, dallo stige, dal beso e tu te ne arrivi a febbraio con la temperatura mite a spaventare sta gente? Suvvia!
Quasi tutti siamo andati a scuola in bicicletta sempre, tutto l’anno e l’equipaggiamento per le intemperie consisteva in una borsina di plastica da mettere sopra la sella per non bagnarsi le chiappe e un ombrellino pieghevole che potevi usare solo se sapevi andare in bici con una mano sola.
Un’altra peculiarità di Codogno è che da sempre la gente si lamenta che a Codogno non si organizza niente e se si organizza non c’è risposta. Tu arrivi lì a scatenare l’epidemia? Sei un po’ ridicolo!
Ti comunico che, se decidi di prolungare il tuo soggiorno, a maggio si organizza sempre la ciclolonga delle Rose, ti abbiamo fregato ancora con la R.
Dammi retta, procurati degli squisiti biscotti Codogno e della buona cotognata e torna da dove sei venuto perché sta gente lombarda è piuttosto cazzuta.

Ciao Coronavirus, senti che bella la mia R

Siamo nella “bassa lodigiana”, in provincia di Lodi e Codogno ne è il centro principale. Il nome della città  potrebbe derivare dal frutto del melocotogno, tipico di questa zona: proprio questo particolare albero è il simbolo della cittadina.

Codogno, fino a prima di questi difficili giorni, era una città bella e tranquilla, di quelle piccole città dove non manca nulla e tutto è a misura d’uomo; già nel passato aveva pagato pegno, quando nel 1516 la sua popolazione fu devastata dalla peste manzoniana.

Il territorio comunale conta numerosi edifici religiosi e civili di pregevole valore storico: si ha certezza dell’esistenza di questa cittadina già nel 997 d.C. e nel 1453 Francesco Sforza le conferisce il rango di “borgo”.

Curiosità: per un periodo Codogno chiese di essere annessa al piacentino, dove il mercato era più libero e ampio; a dimostrazione della gratitudine per essere passati sotto la città di Piacenza, Codogno aggiunse la lupa piacentina nel proprio stemma, legata con una catena d’oro all’albero del melocotogno.

Un pò di curiosità attraverso la storia

Caratteristiche di Codogno sono le casere, capaci di contenere diverse migliaia di forme di formaggio (basti pensare che nel XVIII secolo erano esportate annualmente circa 40.000 forme): uno dei nomi più noti sono le Ditte Polenghi-Lombardo.

Nel Risorgimento Codogno spicca per intraprendenza: 64 uomini accompagnarono Garibaldi in Sicilia nel 1860, ed alcuni furono partecipi addirittura della famosa spedizione dei Mille.

Arte in città

Un ruolo non secondario hanno rivestito gli ordini monastici in città: dal monastero di Santa Servita a quello di Santa Chiara, di cui oggi resta il chiostro, fino alle Orsoline, oggi scuola media. Sono molte le chiese dove si possono ammirare pregevoli opere d’arte realizzate dal XVI secolo in poi. La più bella è la Chiesa di San Teodoro o “del Cristo”: oggetto di devozione popolare è un’antica immagine del Santo Crocifisso, da cui il soprannome della Chiesa, dipinta su un muricciolo rimasto illeso nonostante facesse parte dei confini di una casa andata distrutta.

Il  Museo Cabriniano custodisce ambienti, oggetti, indumenti e ricordi che hanno riferimento diretto o indiretto con santa Francesca Cabrini e con le origini dell’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore da lei fondato. Il Centro di Spiritualità conserva nella Chiesa del Tabor una preziosa reliquia: il cuore della Santa.

Da visitare anche la Fondazione Lamberti, con la sua raccolta di opere d’arte: inaugurata nel 1973 dopo la morte di Carlo Lamberti, raffinato collezionista d’arte e lui stesso pittore e amico di numerosi artisti, si trova in un elegante palazzo settecentesco. Salendo le scale si accede ad una pinacoteca che in 8 sale conserva 122 opere di Tranquillo Cremona, Belloni, Novello e Pietrasanta, per citarne alcuni.

L’Ospedale Civile di Codogno, costruito in sobrie ed eleganti forme neoclassiche, venne edificato tra il 1779 ed il 1781 e fu un esempio razionale di struttura assistenziale e sanitaria. Oggi, ristrutturato, è sede di importanti mostre e manifestazioni culturali, oltre che della civica biblioteca.

5 cose da non perdere

1. Natura. Con un itinerario circolare ciclopedonale di 44 km che inizia e finisce alla stazione di Codogno, si può ammirare il Parco dell’Adda Sud, dove l’Adda confluisce nel Po, tra ville, chiese e castelli della provincia di Lodi.

2. Villa Biancardi. Un edificio in stile Liberty del 1900 e da sempre luogo di attrazione del territorio, patrimonio da favola: vicino al centro, è  location per ricevimenti.

3. La Fiera agricola. Da 230 anni si tiene la rassegna di zootecnia, allevamento del bovino da latte e del suino, tra mostre, spettacoli ed eventi sia nel centro storico che presso il Polo fieristico. La fiera si tiene nel mese di Novembre in quanto il giorno di San Martino chiudeva il periodo in cui si concludevano gli accordi lavorativi per l’agricoltura. La gente poteva così spendere qualcosina in più e attorno a tutto questo movimento da “mercato” straordinario, anche i bambini potevano godere di giostre, balocchi, torrone e dolciumi vari; non mancavano baracconi con la “donna cannone” o la “donna barbuta” o altre attrazioni, che divertivano tutta la famiglia per una settimana di festa.

4. Formaggi. Granone, mascarpone e panerone: i tre formaggi sul podio lodigiano. La Raspadüra sono i celebri veli ricavati dalla sfogliatura del Granone. E non parliamo delle diatribe secondo cui il Grana Padano sarebbe nato qui, dal Granone Lodigiano!

5. Chiudiamo in dolcezza il nostro viaggio con il biscotto di Codogno. Dalla pasta friabile e la forma allungata, è prodotto ancora in maniera artigianale. Si degusta a fine pasto, accompagnato da un vino dolce oppure è un golosità da servire con la crema lodigiana al mascarpone. Angelo Cornali aprì il suo caffè negli anni Ottanta dell’Ottocento: ricercate e inimitabili sono le bellissime scatole di latta in cui erano conservati i biscotti e che anche oggi si possono ammirare in pasticceria, nel suo negozio in via Roma.