La Grande Guerra non si combatté solo nelle trincee, nei mari o nei cieli. Campi di battaglia divennero anche la mente ed il cuore di ciascun soldato, il mondo dei suoi pensieri e delle sue paure. A scatenarsi fu un conflitto parallelo a quello tradizionale, nel quale la propaganda si trasformò in un’importantissima arma. A raccontare questa vera e propria guerra di parole vi è un’interessante mostra allestita al Castello di Rovereto, visitabile fino al 14 giugno.

All’epoca del primo conflitto mondiale i comandi militari intuirono che, oltre ai combattimenti, si rendeva necessario rafforzare lo spirito dei propri soldati e contemporaneamente indebolire quello nemico. In altre parole si trattava di assicurarsi la lealtà dei propri reparti e, al contempo, impadronirsi della mente degli avversari per seminarvi il dubbio, minando così la determinazione a combattere. E proprio gli strumenti di questa vasta opera di propaganda, dai volantini ai giornali, passando per i manifesti, sono al centro dell’esposizione “Parole come armi”, allestita nel maniero roveretano. Ad essere esposto è il materiale proveniente dall’Archivio del Museo della Guerra di Rovereto.

Accanto alla repressione la propaganda si rivelò lo strumento principale per influenzare l’opinione pubblica. Sorsero associazioni, comitati, leghe, unioni per promuovere il sostegno alla guerra e all’esercito. Furono stampati milioni di cartoline con motivi patriottici e vennero diffusi centinaia di migliaia di volantini e di opuscoli per illustrare le ragioni del conflitto. Ovunque furono affissi manifesti con immagine di donne indifese e di soldati che facevano fronte al nemico e confezionati film sull’argomento. Lo scopo era quello di convincere gli italiani che i sacrifici erano necessari e che l’Italia non era succube degli alleati inglesi e francesi.

Info: www.museodellaguerra.it